SESTA TAPPA, LE VASTITA’ DI SCAMPIA (parte 6)

Cosa è stato?

Tirare le somme del mio passaggio a Scampia non è facile. E’ un ritorno lungo, tra i più incisivi che avrò vissuto, mi sembra di capire. Dopo averne comunque scritto molto, tentando di rimettere in ordine i vari incontri, non c’è un dipinto di parole che possa tirarne fuori e condividere tutto ciò che è stato. So solo che per la mia vita questi giorni sono preziosi, lo “sono” al presente, perchè lo restano.

Se nelle tappe precedenti ho avuto modo di osservare alcuni miei limiti, Scampia ha scoperchiato quasi potentemente la mia capacità di “stare“. E ancora ora non posso che offrire pennellate, voci, immagini, parole di questo passaggio. Cosa è stato, mi chiedono in molti…

E’ stato percorrere – coi miei passi di sempre – le vastità di un luogo senza senso. E’ stato sporcarmi letteralmente i piedi. E’ stato iniziare la giornata con le urla delle prediche del vecchio Pizzuti, proseguirla andando tra i palazzi a cercare e raccogliere bambini assonnati, è stato portarli sulle spalle al parco, farli giocare, insegnare loro qualche accordo di chitarra. E’ stato perdermi alla ricerca dei vari posti, solitario per lunghi viali deserti. E’ stato accorgermi di prendere a riferimento certi cumuli di rifiuti per individuare gli svincoli giusti. E’ stato entrare nelle “vele”, i palazzi mostri di rovine, monnezza, abusivismo, perdizione, giri di droga. E’ stato entrare in casa dei bambini col padre che mi offre un bicchiere d’acqua; una casa linda e pulita, dove non manca nulla, un padre normalissimo, dei bambini bellissimi.

E’ stato muovermi per Napoli in lunghe tratte di metropolitana, è stato salire al Parco del Virgiliano ad ammirare il tramonto sul golfo insieme a tutti i ragazzi Scout. E’ stato fare grandi pizzate “a metri”. E’ stato sentire per telefono i miei più cari amici, da lontano, senza trovare le parole per raccontare dov’ero, cosa mi stava capitando. E’ stato raccontarsi la vita con un newyorkese immersi tutti e due nell’assurdo continuo di questo posto.

Passare a Scampia, con un briciolo di fiducia, è stato poter scoprire che nel non senso e nel silenzio e nel vuoto opprimente di questo posto si trovano oasi e perle e sorgenti di una bellezza che altrove è introvabile. La bellezza nell’inferno. L’inferno nella bellezza. Un mondo a parte, davvero. Per il luogo, la gente, le consuetudini. Per le energie, il lavoro, le vite spese qui, a servizio.

In fondo, non è stato altro che vivere con il mio corpo, la mia mente, il mio spirito, esattamente quello che ho trovato scritto al mio arrivo qui: “Basta crederci, e trovi un mare di bene a Scampia”.

Pubblicato da Giandil

Un viandante, narratore e cantore, in cammino e in ricerca dell'armonia del viaggio-incontro. Sulla via del ramingo, nel rifugio della semplicità. Giacomo D'Alessandro (Genova, 1990) vive a Genova e Pavia. Ha frequentato il Liceo Classico Colombo, studia Comunicazione Interculturale e Multimediale all'Universitá di Pavia e Scienze Religiose all'Istituto Superiore pavese. Appassionato di libri, viaggi e incontri, scrive articoli e commenti d'attualitá sul blog www.fiatocorto.blogspot.com, e racconti di fantasy e narrativa (alcuni pubblicati nella raccolta "Il Canto di Osner e altri racconti" (ed. Albatros Il Filo, 2010). Nel 2006 ha creato il blog www.cantodelramingo.splinder.com, un luogo e diario di camminate, pensieri e spiritualitá. Una naturale fortezza per raminghi di ogni tipo e provenienza.

Una risposta a “SESTA TAPPA, LE VASTITA’ DI SCAMPIA (parte 6)”

  1. basta crederci e trovi un mare di bene a Scampia! quante Scampie ci sono nelle nostre città, nelle nostre vite… bravo Jack, ti seguo e ti accompagno!

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