INDIA, CAOS E SPIRITUALITA’ | Giorno 9. Independence Day

di Alessia Traverso

E’ una giornata importante: i bimbi indossano la divisa bianca, la più bella che possiedono, le ragazze caftani e sari colorati, meravigliose con i lunghi capelli intrecciati. Per l’occasione la scuola è tutta decorata con festoni, palloncini e bandiere dell’India. Al cancello un cartellone di benvenuto al sindaco oscilla nel vento caldo. Al suo arrivo la parata può avere inizio, scandita da tamburi. Tum tum tum. A passo rigido i bambini più grandi accompagnano il sindaco, Komudni e la suora direttrice al palco per un breve discorso, poi bandiere e marcia, cantando l’inno della patria, festeggiando la liberazione, la fine del colonialismo inglese nel 1947. Su tutto spicca il rosso dei nastri che legano le trecce delle bambine.

Ci attende un pranzo sontuoso per festeggiare. Riso, carne, verdure, chapati, frutta e patatine. Assaggiamo i gulab jamoon, dolcetti di pan di spagna e zucchero caramellato. Per ognuno di noi c’è un rosario, dono prezioso di Kudi. Caramelle e bibite gasate. Tutti si augurano ”happy indipendence day”. Anche per le strade qualcuno si ferma e stringe la mano. Gesto inaspettato da questa gente riservata e schiva, per quanto sorridente e accogliente.

Pomeriggio, giochi e attività! Portiamo tempere e pennarelli e si scatena un delirio di colori, macchie e allegria. Sagar è felicissimo. I disegni sono fiori, mani, soli e casette. Le magliette hanno macchie fuxia e arancioni. Sono più belle così… A seguire aquiloni! Si scatenano definitivamente colorando il cielo grigio con qualche sprizzo di felicità. Infine lezione di danza con Aurora coreografa che si lancia in passi, giri e battiti di mani. Le bimbe prima ci guardano sconcertate poi si lasciano andare e ci seguono in balletti improvvisati; il massimo è quando anche suor Anitha, sempre riservata con i bimbi, si lascia trasportare e balla in prima fila. Alla fine, il velo un po’ fuori posto e qualche ciuffo ribelle, ci raggiunge per chiederci se possiamo ripetere domani.

Alle sette meno un quarto i bambini sono fuori per recitare il rosario, passeggiando. La serata è serena e quasi fresca. Io e Ro siamo sedute sui gradini dell’ingresso a scrivere il diario, accompagnate dal suono dolce delle preghiere cantate in hindi dai bimbi. Affianco a noi Anmal, sul cuscino, disegna. La malattia della pelle che lo sta torturando è peggiorata. Ha pustoline e piaghe ovunque. Alcuni ragazzini tra i grandi, invidiosi delle attenzioni che riceve, lo deridono. Gli altri bimbi invece lo aiutano e lo coinvolgono, più consapevoli della sofferenza del più piccolo per la voglia repressa di correre, saltare e arrampicarsi. Cucciolo, ha due occhioni grandi e tristi, del nero liquido della notte senza stelle.

Mentre scrivo arriva il papà di Anmal, lo stesso sguardo triste. Pochi mesi fa ha perso la moglie, e non ha soldi per mantenere i figli che quindi sono accolti qui. Ha portato loro un pacco di biscotti e un sorriso sul volto magro. Anmal, le manine piene di crema, gli porge il disegno che avevamo colorato tutti insieme. Mi salgono le lacrime. Li lasciamo soli.

Pubblicato da Giandil

Un viandante, narratore e cantore, in cammino e in ricerca dell'armonia del viaggio-incontro. Sulla via del ramingo, nel rifugio della semplicità. Giacomo D'Alessandro (Genova, 1990) vive a Genova e Pavia. Ha frequentato il Liceo Classico Colombo, studia Comunicazione Interculturale e Multimediale all'Universitá di Pavia e Scienze Religiose all'Istituto Superiore pavese. Appassionato di libri, viaggi e incontri, scrive articoli e commenti d'attualitá sul blog www.fiatocorto.blogspot.com, e racconti di fantasy e narrativa (alcuni pubblicati nella raccolta "Il Canto di Osner e altri racconti" (ed. Albatros Il Filo, 2010). Nel 2006 ha creato il blog www.cantodelramingo.splinder.com, un luogo e diario di camminate, pensieri e spiritualitá. Una naturale fortezza per raminghi di ogni tipo e provenienza.