Andrea Bianchi è stato un professore di lettere ed un amico, un maestro di amore per la cultura, la letteratura, la critica e la ricerca del pensiero.
Se ne è andato troppo presto, proprio lui che aveva letto, nel mio spettacolo Passeggiata a Spoon River, la poesia di Charles Bukowski di cui sono innamorato: “Non ce la fanno, i belli non resistono…sono le farfalle, sono le colombe, sono i passeri, che non ce la fanno…”.
Con lui mi accorgo di aver avuto le discussioni più stimolanti e per me “maieutiche” di riflessioni, motivazioni, opinioni, sia in fatto di fede sia in fatto di politica. Le rare discussioni costruttive perché incontro curioso e affine tra sguardi ed esperienze pur molto diverse.
Con lui abbiamo come studenti ricevuto la provocazione ad amare lo studio, gli autori, le letture ben declamate, la potenza fragile e immortale delle parole e delle opere. Con lui ci siamo sentiti liberi di essere noi stessi come studenti, ma anche di fare di più, di organizzare uscite e autogestioni, di metterci in gioco nel discorso politico, di giocare e divertirci in un confine scardinato tra scolastico ed extra-scolastico.
Non ce la fanno. I belli non resistono. Andrea è sparito così, sul più bello, quando cominciava a cimentarsi in cose nuove, traduzioni, articoli, ricerche su Camus, spettacoli, nuovi filoni cui prestare la sua enorme cultura appassionata, e la sua passione per la vita del mondo. Andrea è sparito quando poteva dare più che mai, ma anche dopo aver dato a sufficienza, ben oltre il suo “mestiere”, in una missione per cui aveva la vocazione, avendo tirato su generazioni di ragazzi i cui i frutti si colgono fin da subito.
Negli ultimi mesi l’ho cercato invano, io come tanti. Ha preferito chiudersi, con pochi cari, salvo rispondere cortesemente ai messaggi che gli arrivavano. Forse è solo un po’ di egoismo, un po’ di rimpianto e impotenza a lasciarmi l’amaro in bocca, o forse è il timore che Andrea potrebbe essersi lasciato più solo di quanto non sarebbe stato, limitando quella dimensione speciale che si crea nelle relazioni quando la morte le rasenta, sublimando ogni gesto, ogni scambio, ogni affetto con incisività più forte che mai. Eppure ha dato, e ha continuato a dare, questo legame che me lo faceva sentire presente, vicino, ridondante in fiducia e curiosità.
Al funerale, una celebrazione laica intensa e bellissima, animata da studenti e amici, si è respirato quel Colombo di cui siamo stati parte, protagonisti e fortunate vittime, quel Colombo di quattro o cinque annate che ha intessuto con professori, presidi e vita scolastica in senso lato un rapporto comunitario, solidale, amichevole, appassionato. Più unico che raro, credo.
All’ultimo saluto, assiepati e silenziosi, si è respirata un’atmosfera contemplativa, profumata di lacrime, turbamento e legami caldi. Così cerchiamo di raccogliere e discernere tutto ciò che Andrea ci ha trasmesso e suscitato, per andare avanti con speranza e decisione, in cerca di relazione, di saggezza umana, di quel mai rimovibile monito: “sol nella libertà l’anima è intera”.
“…dico che lascio parole d’amore:
dico quelle che scrissi e che non scrissi,
dico quelle che dissi e che non dissi,
quelle pensate e quelle non pensate,
ma che, a pensarci, però, ci pensavo.”
[Novissimum Testamentum – Edoardo Sanguineti]