Un Ramingo vive per accogliere e ad essere accolto. E’ l’atteggiamento e l’orizzonte che dà senso alla sua esistenza. E’ la pratica di fondo che la illumina, e che genera ogni altra pratica. Questo motto contiene in sé e giustifica tutti i principali caratteri dell’essere Ramingo.
Accogliere implica un’apertura d’animo; una disponibilità all’ascolto; una piacevolezza dell’incontro; un impegno nel servizio. Implica l’apertura all’inatteso; ai bisogni; alla diversità; alla compassione e comprensione.
Accogliere implica avere un luogo in cui accogliere. Può essere il proprio stesso animo, quando si è nomadi. Ma può e dev’essere anche un luogo fisico, un proprio riferimento, auspicabilmente un luogo di comunità, di vita, di coinvolgimento ma anche di riposo e pace.
Accogliere implica la disponibilità al cambiamento e alla contaminazione, di continuo, per tutta la propria vita. Ma implica anche una solidità interiore; una serenità di fondo; una libertà dalle angosce e dalle paure di sistema; queste tre dimensioni rendono infatti possibile essere aperti, raggiungibili, consenzienti all’accoglienza, che non avviene mai in condizioni ideali, che costa sempre qualcosa in fatto di tranquillità. Solo lasciando consapevolmente sguarnite le difese dell’istinto e dell’egocentrismo, ci si fa accoglienti in qualunque situazione.
Il Ramingo cerca la comunità e la meditazione interiore, ovvero la vita con gli altri e la vita con se stesso; il Ramingo cerca la povertà e la semplicità conviviale, rifiuta la logica dell’accumulo e del controllo ferreo; e così facendo impara continuamente a vivere per accogliere. A partire dall’accoglienza si apre all’inatteso e al servizio di quell’umanità che ha bisogno di essere accolta.
Il Ramingo è per natura, richiamo e scelta un viandante del mondo, a partire dal proprio luogo, e dunque vive per essere accolto.
Essere accolto implica il nomadismo, il gusto di mettersi in viaggio e in cammino, non con potenza che rende protetto né con ricchezza che rende autosufficiente; il viaggio si realizza con semplicità, con esplicita dipendenza da chi si incontra, da chi abita i luoghi in cui si transita.
Essere accolto implica la disponibilità ad essere debole, per sperimentare di aver bisogno dell’altro, per godere della gratuità del bene altrui. Ma implica anche la volontà di essere forte, di adattarsi alle situazioni più spartane, di muoversi in territori inesplorati e non sicuri.
Essere accolto implica la volontà di entrare in punta di piedi, temporaneamente, nelle vite altrui, per gettare uno sguardo gentile e curioso su come vivono e scelgono di vivere altre persone, altre comunità. E’ la minuziosa e infinita accumulazione di un tesoro nomade, quello che allarga il cuore di chi viaggia con esperienze, testimonianze, racconti, silenzi, gesti, ricordi, verità.
Essere accolto implica un cammino per diventare amichevole, amabile, di supporto e di compagnia per chiunque accolga. Implica la capacità di individuare le persone disponibili all’ospitalità, e di suscitarla in chi non è solito adottarla. Implica la voglia di interessarsi alle vite degli altri, al loro stato d’animo, alle cose importanti della loro vita, da ascoltare, di volta in volta, accompagnandole nel tempo. Implica anche però la capacità di stare da solo, essere autonomo e poco invadente, per non pesare eccessivamente sulla quotidianità di chi ospita.
Il Ramingo cerca la sua vita e la sua verità tra la fatica di diventare accogliente e il desiderio di essere accolto. E’ il suo modo di mettersi a servizio degli altri: non per quello che fa, ma per quello che è. E’ il suo orecchio per ascoltare la realtà e la vita che scorre. E’ il suo sorriso per offrire attenzione e incoraggiamento con completa gratuità. E’ la sua lucerna per creare comunione tra piccole luci disperse in grandi distanze. E’ la sua fragilità per farsi piccolo e diventare accessibile e bisognoso di relazione. Il Ramingo vive per accogliere e per essere accolto. Per stare fermo, e avere un luogo da chiamare “casa di tutti”. Per stare in movimento, e avere un mondo di sentieri e rifugi da chiamare “casa propria”.
Giandil